Alla scoperta dell’antica chiesa di San Maurizio a Viggiona,
del cimitero annesso e dei loro “tesori d’arte” poco conosciuti
Forse non tutti sanno che… a Viggiona, sull’Alto Lago Maggiore, ci sono ben due chiese dedicate a San Maurizio: la “nuova” chiesa parrocchiale e una più antica, consacrata sempre a San Maurizio e Compagni, che si trova all’interno del cimitero.
Costruita in età tardo-romanica e consacrata nel 1492, nei secoli seguenti fu ingrandita diverse volte, fino ad arrivare all’attuale struttura a tre navate.
I lavori cessarono alla fine del Seicento, quando la popolazione si concentrò sulla costruzione di quest’ultima. Anche se non più utilizzata, la chiesa “del cimitero” conserva importanti tesori d’arte e antichi affreschi, tra cui una “Crocefissione” del 1430.
Nel 1916 fu redatto un inventario degli oggetti che vi erano custoditi, che includeva un trittico, l’antico architrave con crocifisso, il pulpito in legno, numerosi quadri, una statua di Sant’Antonio e una della Beata Vergine. Negli anni Cinquanta del Novecento, il trittico della Natività fu trasportato nella chiesa parrocchiale nuova, mentre un antico libro ambrosiano fu portato all’Archivio Storico Diocesano di Novara.
Sulla parete posteriore esterna (l’unica rimasta della struttura più antica) si può notare una sorta di “stratigrafia” che mostra parte della storia dell’edificio, con alcuni degli ampliamenti cui andò incontro: la cappella di età tardo-romanica (fase a cui appartiene la bella monofora) fu ingrandita a chiesa a navata unica (ne risulta lo spostamento dell’asse centrale), la quale fu in seguito accresciuta in altezza e a cui vennero aggiunte a fine Cinquecento le navate laterali. In facciata, sopra l’architrave della porta destra, una croce di Malta è scolpita su un concio di marmo rosa, recante incise sia parole abbreviate che la data 1597.
Con ogni probabilità, il manufatto è da riferirsi al sacerdote Gabriele Ielmoni, curatore a fine Cinquecento di uno degli ampliamenti dell’edificio.
Nel 1492 fu benedetto e riconsacrato anche il cimitero annesso alla chiesa, che quindi a quella data era già esistente. Nel 1605 risultava ormai cinto da muriccioli e aveva due porte, una sulla parte anteriore, l’altra su quella posteriore, che il Vescovo ordinò fossero sempre tenute chiuse.
In seguito, in occasione di una visita pastorale del 1678, gli abitanti di Viggiona espressero il desiderio di erigere una piccola cappella da adibire a ossario: realizzata entro il 1681, esternamente presenta lacerti di affreschi raffiguranti scheletri (iconografia volta a ricordare la caducità della vita) e una finestra, tamponata, che consentiva originariamente la contemplazione delle ossa umane. All’interno, oltre a due botole nel pavimento, si trova un affresco raffigurante una “Crocifissione tra Anime del Purgatorio”.
Con la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, anche il cimitero, come la chiesa vecchia, venne progressivamente abbandonato, fino a che, nel 1837, rispondendo al requisito di distanza minima dal centro abitato imposto dalla nuova normativa napoleonica, non fu ripristinato, e nel corso del Novecento venne ad assumere la fisionomia che osserviamo oggi, in particolare con le costruzioni delle cappelle di famiglia, realizzate tra il 1950 e il 1954.
Lungo il viale che conduce al cimitero si sviluppa la Via Crucis: costruita nel Settecento, si compone di 14 stazioni che delineano un percorso ad anello dall’abitato di Viggiona fino alla chiesa vecchia e ritorno. I dipinti risalgono al 1967 e furono eseguiti dal Professor Rudolf Yelin e dagli studenti dell’Accademia Statale d’Arte di Stoccarda.
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